“Per riposarmi, dopo Yerma e Bodas de sangre, che sono due tragedie, volevo realizzare una commedia semplice e amabile. La cosa non m’è riuscita perchè m’è venuto fuori un poema che mi sembra abbia più lacrime delle mie due produzioni precedenti”.
Questa dichiarazione di Federico Garcia Lorca è certamente la migliore presentazione dell’opera. Essa era stata concepita da Federico come un “poema granadino diviso in vari giardini”, una sorta di commedia borghese dai toni leggeri, intrisa di dolce ironia e di garbate raffinatezze di tempi andati. Poi, man mano che la stesura procedeva, la commedia gli si era mutata in dramma, e dramma intriso di pianto, come egli stesso constatava.
Dona Rosita la soltera è la storia d’amore di una bella ragazza granadina che , aspettando il ritorno del fidanzato dall’Argentina, invecchia e sfiorisce trasformandosi a poco a poco in quella cosa patetica e commovente che è la zitellona spagnola. Fondamentali nella composizione dell’opera sono il passare del tempo tra un atto e l’altro e l’atmosfera dell’epoca evocata dai discorsi dei personaggi.
Il primo atto si situa intorno al 1980 mostrandoci una Rosita giovane, allegra,innamorata. Nella seconda metà dell’atto,tuttavia, affiora una nota di malinconia e di tristezza. La bella ed armoniosa romanza delle “manole”, le ragazze granadine che vanno all’Alhambra tra giardini e fontane, tra profumi e sospiri, cela già un elemento misterioso e tragico che culmina nell’inquietante senso di incertezza che trapela dal dialogo tra i due innamorati.
Il secondo atto ci trasporta nel 1900. Sono trascorsi dieci anni e Rosita-come la “rosa mutabile” – è nel suo pieno splendore. Il simbolismo della rosa mutabile si amplia nel “linguaggio dei fiori” e Rosita appare come la rosa bella e avvenente tra altri fiori ormai avvizziti ( le buffe zitellone che sono andate a trovarla). Tutto l’atto è una caricatura piena di grazia e di humour, ma anche di ricordi e di sogni, di gioie e dolori, di illusioni e delusioni.
Con il terzo atto ci troviamo nel 1910. Sono passati altri dieci anni. Lo zio è morto e la sopraggiunta ristrettezza economica obbliga le tre donne (Rosita, la zia e la governante) a trasferirsi in una casa più modesta. E’ il giorno del trasloco ed una desolante malinconia avvolge tutta la scena. Rosita, invecchiata senza più quella grazia andalusa delle manole granadine, pur avendo saputo per vie traverse che il cugino si è sposato, ha finora continuato a sostenere la parte della fidanzata in attesa. Ma adesso che la notizia del matrimonio del cugino è di pubblico dominio, non può più evadere la dolorosa realtà. Apre il suo cuore, ma invano, poichè nulla ormai può consolarla. Non solo è stata privata dell’amore, della bellezza, della gioventù, della speranza, ma adesso perfino del diritto di sognare, del diritto all’illusione.
Donna Rosita è un canto di grazia, di raffinata, sensuale, nostalgica grazia andalusa.
(Rosario Trovato)
Donna Rosita Nubile
di Federico Garcia Lorca
Piccolo Teatro di Catania – 7-8 Maggio 2011
Regia, GIANNI SALVO
Musiche originali, PIETRO CAVALIERI
Scene e costumi, ORIANA SESSA
Luci e fonica, SIMONE RAIMONDO
Rosita, Rossana Bonafede
Il cugino, Rosario Minardi
La zia, Anna Passanisi
La governante, Carmen Panarello
Prima manola, Maria Rita Sgarlato
Seconda manola, Giovanna Centamore
Terza manola, Tiziana Bellassai
Prima zitella, Tiziana Bellassai
Seconda zitella, Giovanna Centamore
Terza zitella, Maria Rita Sgarlato
La madre delle zitelle, Daniela Marzullo
Piccolo Teatro Catania – Via F. Ciccaglione, 29 – Tel. 095.447603 – Fax 095.552083
botteghino: dal lunedì al sabato, ore 17-20