La Pasqua a Caltagirone è un susseguirsi di manifestazioni dove fede, folclore e tradizioni si fondono tra loro.
La maggiore funzione religiosa per ricordare la Passione del Cristo è la “Via Crucis” nel venerdì di Quaresima, che si tiene in tutte le parrocchie.
Tradizionale è il rito che viene celebrato nella chiesa di S. Bonaventura, “a calata da tila”, allorché giunti alla XII stazione, viene abbassata lentamente la tela che copre la mistica e dolorante immagine del Crocifisso scolpita da Frà Umile da Petralia (1588-1939). E’ veramente indimenticabile quel momento dello scoprimento. Un religioso silenzio, assoluto, interrotto solo da accenti di preghiera, con fedeli profondamente commossi e con lo sguardo fisso in un sol punto.
Il primo appuntamento pasquale, però, può farsi risalire alla Festa dell’Addolorata, la domenica di Passione, quando tutta la popolazione si dà appuntamento nel rione Cappuccini, nella chiesa omonima del Convento posto all’estremo sud-ovest del vecchio centro, per venerare l’Addolorata ed il Cristo morto, un drammatico gruppo statuario del’700 dalle doloranti espressioni dei volti e con i ricchi ricami che ornano il nero velluto della Vergine all’impiedi, impietrita dal dolore dietro al Divin Figlio morto.
Per la festa dell’Addulurata, il profondo credo religioso del popolo calatino si compendia nel canto solenne e sentito del locale inno in dialetto del “Diu Vi Salvi o Regina”.
La Domenica delle Palme, durante le funzioni liturgiche, nelle parrocchie vengono benedette le palmette artisticamente elaborate ed intrecciate a mano ed i rami d’ulivo augurali, che vengono tenuti in casa, al capezzale del letto, in segno di fede e di augurio.
Nei primi giorni della Settimana Santa, fin dal 1994, organizzata dalla parrocchia Maria SS. del Monte, si tiene la sacra rappresentazione della “via Crucis” che, utilizzando il suggestivo scenario architettonico di piazza Municipio e dell’adiacente maestosa scalinata e con l’entusiastica interpretazione di decine di giovani, dà vita agli ultimi momenti della vita terrena del Cristo, dal processo dinanzi a Pilato alla morte sul Golgota, mentre una enorme folla accalcata nella sottostante piazza della Loggia assiste commossa ed in assoluto silenzio al succedersi dei quattordici momenti liturgici che diventano anche spettacolo di luci, suoni e colori al calar della sera calatina.
Il Giovedì Santo è la serata dedicata alla “Celebrazione eucaristica”, con la visita ai “Sepolcri” che vengono realizzati in ogni parrocchia, una volta inconsapevoli momenti di involontario campanilismo per il miglior allestimento artistico. La tradizione impone il numero di “Sepolcri” da visitare: i fedeli dovranno recarsi in parrocchie differenti – o nella stessa – per più di tre volte, e comunque, per un numero di volte dispari.
Il Venerdì Santo è giorno di lutto assoluto. Una volta anche i cinema interrompevano le loro proiezioni quando la città si apprestava a vivere, dopo l’offerta dei ceri ed il “visito” al Signore morto all’interno della Cattedrale, il suo maggior momento emotivo nella processione del Cristo morto.
Al tramonto, preceduta dai pesantissimi stendardi abbrunati, carichi di ori e di ricami, delle confraternite di arti e mestieri e seguita dal clero e dalle massime autorità locali, dalla Cattedrale prende avvio la processione.
Portate a spalla, quasi galleggiando sulla folla che le sostiene, le bare si avviano per gli antichi percorsi. Il “Cataletto” del Cristo morto, una scultura lignea di Giuseppe Vaccaro riposta nell’urna di legno e vetri, tutta verniciata in oro zecchino, e la statua della Vergine addolorata in gramaglie (“al centro di un alone di fiamme, con un fazzoletto di candido lino serrato nella mano ed una spada che le trafigge il cuore”) che segue il feretro del figlio.
Fra le tanti processioni locali, quella del Venerdì Santo è l’unica rimasta dove i simulacri continuano ad essere portati a spalla, in un silenzioso avvicendarsi di turni fra portatori e guide, specialmente nelle ripide salite di via S. Bonaventura e di via S. Stefano o nelle difficoltose discese di via S. Gregorio e di via Moschitta.
Il Sabato di vigilia è giorno liturgicamente destinato al silenzio ed alla riflessione.
Nel pomeriggio – a partire dal 1988 – presso i locali di Palazzo Libertini di S. Marco si inaugura l’annuale Rassegna Internazionale del fischietto in terracotta, che resterà aperta fino alla prima settimana del mese di giugno, ogni edizione con una tematica differente.
Il pomeriggio della Domenica di Resurrezione, un corteo con tre statue, S. Pietro (dall’omonima chiesa), il Cristo risorto (dalla chiesa della Sacra Famiglia) e la Madonna (dalla chiesa SS. Maria degli Angeli o del Purgatorio), si dà il tradizionale appuntamento nell’ affollata piazza Municipio per la “Giunta”.
L’enorme figura in cartone pressato di S. Pietro, vuota dentro per permettere la “portata” ad un robusto appartenente di una famiglia che se ne tramanda da generazioni l’onore e l’onere, sorretta ai fianchi da due assistenti-portatori, alla vista del Cristo risorto, va alla ricerca affannosa della Madonna per darle la lieta novella, mentre la folla si allarga o si restringe per consentire l’incedere spedito del “nuncio“.
L’incontro (a Giunta) avviene all’angolo fra la Piazza e la via L. Sturzo, al suono delle campane a festa della vicina chiesetta di S. Giuseppe.
La Vergine, alla vista del figlio lascia il manto nero del lutto e veste di bianco e di azzurro in segno di felicità. Poi, allargando le braccia, abbassa la testa per rendere omaggio al Divin Figlio.
In questi momenti la folla della Piazza e della strapiena scala di S. Maria del Monte, con entusiasmo, accompagna i tre inchini materni con un corale e sentito “evviva Maria” e si dispone a seguire il corteo per le vie del vecchio centro.
Alla fine del corteo, dopo tanta gioia, il doloroso momento del distacco, a spartenza, che avviene con la stessa gestualità della Giunta, in Piazza Marconi.
In questi giorni nelle vetrine delle pasticcerie si mettono in esposizione, assieme alle “esotiche” uova di pasqua in cioccolata e ricoperti di carta stagnola dai variopinti colori, i tradizionali “agnelli” in pasta di mandorle, i “palumeddi” di zucchero ed albume d’uovo, i “cannileri cu l’ovo” (un uovo sodo con il guscio colorato posto su una base di pasta dolce friabile ed allungato con stecchini di legno colorato alla cui sommità viene collocata una bandierina di carta). Compaiono anche i “panareddi” fatti di pasta, zucchero e strutto, abilmente lavorati a mano e successivamente infornati, che rappresentano un paniere a mezzo tondo pieno di uova sode (normalmente due), colorata diavolina e frutta di pasta (piccole mele o pere o uva) dal torsolo realizzato con l’aromatico chiodo di garofano.
Sono presenti le bancarelle piene di colorati “fischietti” in terracotta raffiguranti i simboli della Passione, mentre i “cubbaltari” vendono gli antichi e tradizionali dolci a bastoncino dai nomi arabi.
Quasi in disuso nel quartiere dei “curdittari” (fabbricatori della curditta, cordicella fatta con le foglie secche del cerfuglione), l’abitudine di cucinare per il pranzo, i maccarruni sfilati, un tipo di pasta che si faceva in casa arrotolandola attorno ad un giunco, che poi si sfilava per lasciare il buco nel maccherone; mentre è definitivamente scomparso il volo dei grandiosi palloni colorati di carta e riempiti di aria calda che, nel pomeriggio della festa, si alzavano davanti allo sguardo stupito degli astanti.
Venerdì Santo: Processione del Cristo Morto.
Ore 18.30 – Per le vie del Centro Storico Solenne processione del Cristo Morto e dell’Addolorata con la partecipazione delle Autorità e del Corteo Storico del Senato Civico
Ore 20.00 – Basilica Cattedrale San Giuliano “Concerto del Venerdì Santo” Coro Polifonico San Giuliano diretto dal M° Don Antonio Parisi
Domenica di Pasqua: ‘a Giunta.
Tradizionale Sacra Rappresentazione per le vie del Centro Storico
Per informazioni: http://www.comune.caltagirone.ct.it/
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