Il Monte Pellegrino è un luogo simbolico per i palermitani per ragioni storiche e leggendarie: questo era il punto di riferimento per i viaggiatori e per i naviganti che tornavano da un lungo viaggio o che partivano da Palermo. Questo è stato persino celebrato nei racconti siciliani di Goethe, montagna sacra considerata da sempre punto d’incontro fra la mitologia e le varie religioni coesistenti nella città. Questo infatti è stato luogo di culto per diverse civiltà: il primo culto che vi si registra ha origini puniche ed era probabilmente dedicato a Tanit, dea della fertilità, come dimostra la presenza di un’edicola a lei dedicata, trasformata successivamente in chiesa cristiana.
Tracce del culto cristiano sono riscontrabili a partire dal VII secolo, fino al 1180 quando vengono riscontrati i primi segni del culto di Santa Rosalia, quando i Giurati della città fecero erigere una cappella sul Monte, dedicata alla Santa, nei pressi dell’odierna grotta-santuario.
A 429 metri d’altitudine del Monte Pellegrino, infatti, immerso in una natura selvaggia e rigogliosa, si erge il Santuario di Santa Rosalia (la patrona di Palermo), fondato nel 1625. Giuseppe Pitrè, preziosa fonte per usanze e leggende siciliane, narra che nel 1624, mentre la città era flagellata dalla peste nera, un cacciatore ritrovò casualmente le sue ossa nella grotta del Monte Pellegrino dove la Santa era spirata. L’Arcivescovo di Palermo, il cardinale Doria insieme col Senato e coi notabili della città, salito al monte raccolse le sante reliquie che furono portate in processione la prima volta il 5 giugno 1625.
Al passaggio della santa l’epidemia s’attenuò e i palermitani elessero ‘a Santuzza come compatrona della città, insieme a San Benedetto il Moro.
Sul fianco del Monte Pellegrino si aprono poi alcune cavità, abitate in tempi preistorici, che sono note come Grotte dell’Addaura; la loro importanza è fondamentale perché al loro interno sono state rinvenute straordinarie testimonianze di arte preistorica. Il loro ritrovamento fu del tutto casuale: risale al 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, quando gli alleati, in cerca di un ricovero, avevano individuato la grotta come deposito per armi e munizioni.Una detonazione accidentale dell’artiglieria fece crollare una parete della grotta, portando alla luce i preziosi pittogrammi.
Qui ci sono stati ritrovamenti d’ossa e strumenti utilizzati per la caccia, alla presenza di uno straordinario complesso di incisioni rupestri che ornano le pareti e che costituiscono un caso unico nel panorama dell’arte rupestre preistorica. Quello che più stupisce delle numerose figurine antropomorfe è la loro enigmatica forma e l’indecifrabile posizione del corpo, un vero grattacapo per gli studiosi che ancora non sono riusciti a dare una risposta. La scena infatti rappresenta degli esseri umani circondati da bovini, atti a fare un rituale sconosciuto. Le ipotesi degli studiosi sono addirittura che non si tratti nemmeno di esseri umani ma semplicemente di figure antropomorfe intente a celebrare, forse, dei giochi acrobatici.