Tra le manifestazioni di carattere religioso la “Diavolata” (dramma religioso del 1728), chiamata in gergo “I Diavulazzi di Pasqua”, costituisce un chiaro esempio di commistione tra elementi pagani e cristiani.
Essa, rimasta intatta nel tempo e per questo unica nel suo genere, fa parte del testo de “La Resurrezione”, scritto nel 1752 dal poeta locale Don Anselmo Laudani.
Ogni anno, nella mattina del giorno di Pasqua, si rinnova questa tradizione che da 250 anni si tramanda da padre in figlio.
Prima della rappresentazione vengono portati in giro per la città i tre protagonisti del dramma: il Salvatore, con un mantello rosso, la Madonna, vestita di rosa, e l’Angelo, abbigliato con un abito ricoperto di nastri di seta e coccarde multicolori.
Sul palcoscenico posto davanti al colonnato della chiesa Madre viene allestita la scenografia che rappresenta una selva infernale con al centro un volto diabolico e un sepolcro vuoto. I personaggi principali sono i diavoli (Lucifero, capo dei ribelli, Belzebù Signore delle Mosche, Astarot, con le sue 40 legioni), la Morte, eterna nemica dell’uomo, l’Umanità, simbolo della speranza, e l’Arcangelo Michele, avversario del demonio. I diavoli cercano di convincere l’Umanità a restare dannata poiché il cadavere di Gesù Cristo, che è risorto, non è più nel sepolcro, ma interviene l’Arcangelo Michele, sconfiggendo definitivamente Lucifero.
Segue “L’Angelicata”, rappresentazione che costituiva la seconda parte del dramma di Don Laudani ma che viene messo in scena solo dal 1980. Di questa seconda parte non risulta storicamente chiara la destinazione e le modalità di rappresentazione. Il dramma narra l’incontro tra Maria e il figlio Risorto, il quale la proclama Regina del Cielo.
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