Etna, sulle colate laviche del 1928 tra S. Alfio e Fornazzo.

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“…una striscia nera, come un immenso nastro di lutto posato sulla terra: è la grande sciara di Mascali, la distesa di lava pietrificata scesa nel 1928 dal lontano cratere fino al mare sommergendo il paese sotto la sua nera onda infocata.” (Carlo Levi )

Le colate del 1928 rappresentano un evento memorabile nella storia del vulcano etneo perchè sono state l’unica eruzione, negli ultimi tre secoli, a raggiungere e a seppellire un centro abitato. L’ultima si era verificata nel 1669, quando venne distrutta Catania.

Fra il 2 e il 4 novembre, sul versante orientale della montagna si aprirono una serie di fratture a quote sempre più basse e, nell’arco di pochi giorni, l’antico e mai sopito incubo di chi abita un vulcano divenne realtà: mentre la colata lavica fuoriuscita da quota 2100 rallentò fino a fermarsi in contrada Maganazzi, risparmiando così il paese verso cui era diretta, Sant’Alfio, un fluidissimo fiume di fuoco sgorgato il giorno dopo molto più in basso, a quota 1200, incendiando boschi e campagne, travolgendo strade e casolari, si diresse verso Mascali, raggiungendola e cancellandola quasi per intero dalla carta geografica.
Dell’antico centro, fiorente di attività agricole, sopravvissero solo la chiesetta di Sant’Antonino e alcune frazioni del paese.

E’ interessante aggiungere come questa eruzione del 28 ebbe una grande importanza anche da un punto di vista mediatico: “per la prima volta una colata così drammatica venne ripresa dalle cineprese: l’Istituto Luce fece conoscere la tragedia di Mascali e dei suoi abitanti in tutta l’Italia. (video in coda all’articolo) I volti impietriti dei contadini, le immagini dei santi poste a difesa dei terreni e delle case, le processioni disperate dei fedeli che vedevano il fiume di fuoco avanzare senza sosta, vennero riassunte magistralmente dai registi dei cinegiornali dell’epoca” (Giuseppe Riggio).

Il nostro itinerario per raggiungere le colate del 1928 

L’itinerario che proponiamo per raggiungere la colata del 1928 è abbastanza semplice, si può compiere anche in un paio d’ore, ma è molto suggestivo perchè utilizza come punto di partenza il luogo dove ebbe termine la colata che minacciò Sant’Alfio e prevede l’attraversamento di bosco di castagni, lecci e noccioleti in cui il giorno successivo si aprì l’ultima fenditura, quella da cui fuoriuscì la lava che seppellì Mascali.

Partiremo dunque dal piccolo santuario di Magazzeni, eretto in segno di devozione all’indomani dello scampato pericolo dagli abitanti di Sant’Alfio, per sempre memori del miracolo svolto dalle reliquie dei loro santi patroni condotte fin là in processione.
Per raggiungere la chiesetta bisogna seguire la provinciale che da Milo conduce a Linguaglossa e, una volta superato Fornazzo, dopo circa un chilometro e mezzo prendere a sinistra la via Cav. Antonino Paternò, facilmente individuabile per una grande lapide a muro.
Quindi si prosegue lungo questa strada, abbastanza ripida , fino a incrociarne un’altra che una semplice scritta a muro indica come “via Finaita” e che occorre imboccare sulla destra, proseguendo per un centinaio di metri.
Al primo bivio, girare a sinistra e andare avanti per circa mezzo chilometro, fino a quando non si incontra il grande piazzale con la chiesetta di Magazzeni (m. 1000 s.l.m.), dove conviene posteggiare.

L’escursione ha inizio proprio da qui, da una stradella a fondo naturale che si trova di fronte il piccolo santuario, e che si inerpica in direzione nord est.
E’ un camminare lungo un percorso che a poco a poco scivola da un paesaggio opera dell’uomo e del suo lavoro a uno modellato principalmente dalle forze della natura. Mulattiere, qualche casolare, muretti a secco, inseriti fra rigogliosi frutteti lasciano il posto a una vegetazione diversa, ad alto fusto: querce e principalmente castagni.
La passeggiata in questo bosco è piacevole e affatto stancante, soprattutto se arricchita da qualche piccola sosta in cui è possibile ascoltare meglio il linguaggio della natura che, attraverso piccoli segni, racconta storie e spiega i perchè, come le tracce delle greggi che segnano l’alternarsi delle stagioni, del caldo che brucia i pascoli nelle pianure e della cura dei pastori nel cercare altri spazi adeguati al nutrimento a quote più elevate.
Dopo aver varcato un paio di cancelli della forestale e proceduto per un falsopiano, all’improvviso la vegetazione si apre su un paesaggio straordinario, una visione stupefacente di un immenso torrente di pietra che squarcia il bosco e sembra voler precipitare tra il cielo e il mare: le bocche che originarono l’apocalittico evento sono proprio lì davanti, è facilissimo individuarle.

Vi descriviamo l’itinerario in questa zona del Parco dell’Etna attraverso un nostro servizio fotografico originale. Le foto sono di Alberta Dionisi.

 

 

Video dell’Istituto Luce sull’eruzione del 1928

 

 

 

 

 

 

 

Author: Luigi Marino

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