A Catania il cinema d’estate è sinonimo di cinema all’aperto. L’Arena Argentina è una delle poche rimaste in città e ogni anno presenta una stagione completa di film programmati durante la stagione autunnale nelle sale, insieme a pellicole cult della storia del cinema.
Le proiezioni all’arena Argentina iniziano il 1 giugno 2015 per concludersi a settembre.
Quest’anno la prima proposta è il film Barry Lyndon di Stanley Kubrick ad ingresso gratuito e a seguire verrà dato ampio spazio al cinema di Orson Wells con una retrospettiva abbastanza completa.
Una piccola ristrutturazione dell’arena con l’Arena con i sedili che verranno ridipinti, le fioriere, l’angolo fumatori, i cuscini e una nuova amplificazione faranno da contorno a questo spaccato di città che ancora riesce a mantenere viva la passione per il cinema dei catanesi.
L’estate in città può iniziare!
Come ogni anno ci siamo permessi di riproporvi il programma completo con le sinossi e il rimando al sito per chi vuole approfondire la lettura.
Evidenziati in Rosso i film che consigliamo di vedere.
GIUGNO
inizio spettacoli ore 20:40 – 22:40, tranne dove diversamente specificato
Lunedì 1
Barry Lyndon, di Stanley Kubrick. Con Ryan O’Neal, Marisa Berenson; G.B. 1975; 3h e 8 min.;
spettacolo unico ore 21,00 – ingresso gratuito (in collaborazione con Learn by movies)
Barry è un giovane di bell’aspetto ma dalle origini modeste. Rifiutato dalla donna che ama, intraprende la carriera militare dopo un duello con l’avversario in amore. Stanco della vita militare, con un espediente entra nell’esercito prussiano, divenendo il beniamino del capitano Potzdorf. Ma anche questa volta la fortuna gli volta le spalle e, costretto a fuggire, diventa il compare di un raffinato avventuriero. Con la spada e la pistola si fa largo nella bella società. Ormai è un uomo appagato. Gli manca solo il blasone. Sposando la contessa di Lyndon e assumendone il cognome colma la lacuna. Ma sarà un matrimonio infelice. Il figlio della contessa, nato da un altro matrimonio, lo odia e per molti anni progetterà una vendetta, che si compirà quando affronterà il patrigno in duello. Barry Lyndon perderà una gamba e i suoi averi. Un malinconico esilio segna il suo definitivo destino.
Tratto dal noto romanzo settecentesco di William Makepeace Thackeray, Barry Lyndon si può definire un film anomalo nella produzione del grande Stanley Kubrik. Film di difficile collocazione e che ha spaventato la critica al suo apparire a causa della mancanza di una chiave di lettura che conducesse alle origini del progetto. Il misterioso Kubrik non ha mai chiarito le sue intenzioni. Ma ciò non impedisce di giudicare il film una splendida anomalia.
Usando una tecnica d’illuminazione naturalistica, tutta a base di candele, che il grande direttore della fotografia John Alcott realizza genialmente, il film è immerso in una atmosfera che restituisce il clima del tempo. Kubrik si è avvalso di lenti speciali, fornite dalla Carl Zeiss e adattate da Ed Di Giulio. Un film freddo e crudele. Ironico e mastodontico. Solenne e malinconico. La bella voce narrante di Romolo Valli accompagna il racconto con tono suadente e beffardo. Altro contributo memorabile al film sono le musiche assemblate da Leonard Rosenmann. Fra tutte spicca il trio per piano in mi bemolle di Schubert. Gli interpreti sono usati da Kubrik come pedine di un’invisibile scacchiera, che egli percorre seguendo un imperscrutabile disegno metafisico. [mymovies]
Torna in sala “Barry Lyndon”, il capolavoro di Kubrick compie 40 anni [da Repubblica.it]
Martedì 2
The stag, di John Butler. Con Andrew Scott, Hugh O’Conor, Peter McDonald, Brian Gleeson; Irlanda 2013; 1h e 37 min.; ore 20,40 – 22,40
Fionnan sta per sposarsi e il suo testimone nonché migliore amico Davin decide di organizzare, come addio al celibato, un’escursione in montagna. Peccato che al gruppo, che oltre a Fionnan e Davin include il fratello di Fionnan, Kevin, il compagno di Kevin e l’amico Simon, si unisca il fratello della sposa, soprannominato The Machine: un individuo insopportabile che rischia di rovinare la gita a tutti.
Commedia interamente al maschile diretta dal regista irlandese John Butler, al suo debutto nel lungometraggio, e scritta da Butler insieme a Peter McDonald che interpreta il ruolo di The Machine, The Stag – Se sopravvivo mi sposo è stato campione di incassi in Irlanda, ed il perché è facilmente intuibile. Sulla falsariga delle commedia americane politically incorrectcome Una notte da leoni, The Stag riesce a radicarsi profondamente nel vissuto irlandese, costruendo personaggi riconoscibili e situazioni che, pur nella loro assurdità, hanno un fondamento reale. [mymovies]
Mercoledì 3
Quarto potere, di Orson Welles, con Everett Sloane, Paul Stewart, Joseph Cotten; Usa 1941; 2h; ore 20,30 – 22,45
Charles Kane è un figlio di modesti genitori. Ancora un bambino, sua madre eredita una grossa somma di denaro. Questa deve passare al figliolo che dovrà venire educato, lontano dai suoi, in modo corrispondente alla sua futura posizione. Kane ha avuto dalla sorte un ingegno non comune, una forte volontà e un temperamento vulcanico. Divorato da una straordinaria ambizione, si getta nel giornalismo e ben presto controlla trentasette giornali. Vuol entrare in politica e sta per essere eletto governatore quando un avversario, gettando discredito sulla sua vita privata, riesce a stroncarlo. Divorzia dalla moglie, che qualche tempo dopo muore insieme all’unico figlio, in un incidente automobilistico. Sposa un’oscura cantante, ch’egli ama da tempo e, mosso dall’ambizione, vuol imporla al pubblico a suon di dollari; ma non vi riesce, benché abbia fatto costruire per lei uno splendido teatro. Fa costruire un fantastico castello e vi raccoglie immensi tesori d’arte. Lì si ritira a vivere con la moglie che, mal sopportando quella fastosa solitudine, l’abbandona. Egli muore solo, rimpiangendo la serena povertà e i giochi innocenti dell’infanzia. Ma chi o cosa è “Rosebud”, tanto invocata in punto di morte? [coming soon]
Giovedì 4
Lo straniero, di Orson Welles, con Loretta Young, Edward G. Robinson, Orson Welles. Usa 1946; 1h e 35 min.; ore 20,40 – 22,40 [informazioni da wikipedia]
Venerdì 5
Senza Lucio, di Mario Sesti; Italia 2014; 1h e 26 min.; ore 20,40 – 22,40
Il 1 marzo 2012 la morte di Lucio Dalla, personalità tra le più poliedriche che la scena artistica italiana abbia conosciuto, ha scatenato un’ondata di molteplici, affettuose reazioni, radicate com’erano nell’immaginario del Paese le sue canzoni.
Senza Lucio di Mario Sesti vuol rendere soprattutto giustizia a questo mare emozionale, attraverso le parole e le immagini private di alcuni amici e collaboratori tra i più stretti. Evitando la strada convenzionale del documentario biografico – costruito cioè su sicure basi d’immagini d’archivio e climax musicali di facile impatto emotivo – lavora appunto sulle ragioni dell’assenza che un autore così creativo, curioso e istintivamente empatico ha lasciato nei singoli. Il rischio dietro l’angolo è il santino sentimental-buonista. A parziale garanzia contro tale pericolo è il coinvolgimento, in voce over e in veste di autore di molte fotografie inedite, del compagno d’arte e di vita Marco Alemanno. Cifra che assicura a Senza Lucio una linea precisa: la volontà di non fare sensazionalismo ma di condividere con la collettività un lutto per elaborarlo. Preservare quindi uno spirito, una comunicazione altra, impalpabile ma presente, con chi non è più.
In Senza Lucio dicono infatti tanto del cantautore bolognese non solo gli intervistati “vip” (alcuni con dei flash brevissimi, per quanto intensi, come Arbore, Aznavour, Rossellini, Turturro), quanto le immagini della natura verso cui Dalla correva in cerca di meraviglia e ispirazione: il mare delle Tremiti, Sorrento, la Puglia e il panorama incoercibile dell’Etna. La macchina da presa cioè tenta di farci vedere quei paesaggi e quei volti con la sua stessa intenzione, curiosità, amore per la vita e la bellezza.
Chi si aspetta di conoscere verità non rivelate dell’autore di Caruso (più volte citata) non troverà qui se non la conferma di una contraddizione a tratti sconcertante quanto umanissima: la proporzione diretta tra espansività dell’artista – a sua volta catalizzatore di talenti e creatore di reti virtuose – e l’assoluta riservatezza, quasi omertosa, sulla propria vita privata, qui spiegata dal teologo Enzo Bianchi come una necessaria esigenza di mistero.
Il film trova l’equivalente di questa discrezione nell’assenza in video di Alemanno (se non per un momento topico: la visione casalinga di Milk di Gus Van Sant). Senza Lucio è in primis un’indagine sull’instancabile ricerca di uno sperimentatore, amante del cinema e delle arti performative (indimenticabile la sua sigla jazz che per anni ha introdotto i film del lunedì sulla Rai).
Ma anche, implicitamente, un risarcimento per Alemanno, una compensazione che Sesti sembra volergli attribuire, a controbilanciare la sua esclusione dalla gestione dell’eredità artistica dell’amico. In nome di tutti gli altri che hanno amato Dalla sta il ricordo precisissimo di Toni Servillo, che identifica il vero motivo: la sua capacità di farci sentire proiettati nel nuovo, nello sconosciuto, nel futuro. Forse un po’ troppo educato ma indubbiamente generoso, seduta tra amici che esorcizzano il senso di perdita e insieme pedinamento di una carriera meravigliosa e felicemente interdisciplinare, Senza Lucio riecheggia rispettoso tra orecchie e cuore, come i vocalizzi leggeri di quel corsaro della fantasia. [mymovies]
Sabato 6
Le due vie del destino; di Jonathan Teplitzky. Con Colin Firth, Nicole Kidman, Jeremy Irvine, Stellan Skarsgård; G.B./Australia 2013; 1h e 56 min.; ore 20,35 – 22,40
1942. Decine di migliaia di giovani e coraggiosi soldati sono fatti prigionieri di guerra dalle truppe giapponesi che hanno invaso Singapore. Tra i soldati catturati c’è Eric Lomax, ventunenne addetto ai segnali e appassionato di ferrovie. Spedito a lavorare alla costruzione della celebre Ferrovia della morte, in Tailandia, Eric è testimone di inimmaginabili sofferenze. Sopravvissuto per miracolo alla guerra, perseguitato dall’immagine di un giovane ufficiale giapponese, si isola dal mondo. Ma un giorno, diversi anni dopo, incontra una donna affascinante – ovviamente su un treno. Si sposano, ma la notte delle nozze gli incubi di Eric riemergono. La moglie, Patti, cerca in ogni modo di scoprire che cosa tormenta l’uomo che ama. [coming soon]
Domenica 7
Pasolini, di Abel Ferrara. Con Willem Dafoe, Ninetto Davoli, Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea; Italia/Francia 2014; 1h e 26 min.; ore 20,40 – 22,40
Non c’è stato forse altro intellettuale, nel Novecento italiano, capace di essere altrettanto dirompente e influente di Pier Paolo Pasolini. Romanziere, giornalista, poeta, regista e molto altro – nel film di Abel Ferrara si dichiara, semplicemente (?) “scrittore” – Pasolini è stato tanto capace di leggere il suo tempo quando di essere preveggente rispetto a quel che sarebbe venuto dopo la sua barbara uccisione: ed è per questo motivo (e forse per il vuoto mai colmato dalla sua assenza) che, ancora oggi, lui e il suo pensiero sono tanto spesso scomodati, e spesso immotivatamente e a sproposito. Per questo motivo, non abbiamo ancora superato Pasolini laddove sarebbe stato forse necessario farlo. [continua su coming soon]
Lunedì 8
Persepolis, di Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud; Francia 2007; 1h e 37 min.; ore 20,40 – 22,40
Persepolis è un film d’animazione del 2007, candidato all’Oscar, basato sull’omonima graphic novel autobiografica. Il film è stato scritto e diretto da Marjane Satrapi, l’autrice delle memorie, e da Vincent Paronnaud. Il titolo è un riferimento all’antica città storica di Persepoli.
La storia, un romanzo di formazione, inizia poco prima della Rivoluzione iraniana, mostrando attraverso gli occhi di Marjane, che inizialmente ha nove anni, come le speranze di cambiamento della gente furono infrante lentamente quando presero il potere i fondamentalisti islamici, obbligando le donne a coprirsi la testa, riducendo ulteriormente le libertà della popolazione e imprigionando migliaia di persone. La storia si conclude con Marjane, ormai ventiduenne, che espatria.
Il film ha vinto il Premio della giuria al Festival di Cannes 2007[1] ed è stato distribuito in Francia ed in Belgio il 27 giugno 2007, mentre in Italia è uscito nelle sale il 29 febbraio 2008.
Nel suo discorso durante il ricevimento del premio a Cannes, Satrapi ha detto: “nonostante questo film sia universale, voglio dedicare il premio a tutti gli Iraniani.” [wikipedia]
Martedì 9
Le vacanze del piccolo Nicolas, di Laurent Tirard. Con Valérie Lemercier, Kad Mérad, Dominique Lavanant; Francia 2013; 1h e 37 min.; ore 20,40 – 22,40
Laurent Tirard torna a confrontarsi con le strisce di René Goscinny dopo Il piccolo Nicolas e i suoi genitori, perdendo completamente per la strada il minimalismo delle illustrazioni di Jean-Jacques Sempé e spingendo ancora di più sui colori ultrapop e iperrealisti; i primi anni sessanta de Les vacances du petit Nicolas sono quelli vintagisti per le masse, con tanto di Bert Kaempfert a fare da colonna sonora per il primo ingresso in spiaggia della famigliola, con la sua lounge music scritta per le coppie di cinquant’anni fa. Come nel primo episodio si cerca di evitare la retorica alla Jean-Pierre Jeunet riproducento il teatrino famigliare a partire da un’energia onestamente fumettistica, ma allo stesso tempo, manca l’aria per aprirsi all’occhio infantile, al posto del quale guadagna spazio una frammentazione episodica ancora più vorticosa che cade rovinosamente nella trappola della rivisitazione retorico-cinefila; se la parodia di Shining attraverso la figura della piccola Isabelle è gustosamente ironica pur nella dimensione freddissima dell’eccesso pop, il numero musicale della madre di Nicolas durante la festa allestita dal regista italiano è un imbarazzante frammento di avanspettacolo che si apre a tutti gli stereotipi immaginabili, inclusa la figura interpretata dallo stesso Zingaretti, talmente caricata da risultare ingombrante e priva di quello scarto tra piani di realtà capace di innescare la miccia della comicità; giusto per dire che la distorsione estrema dei riferimenti non salva il film da uno stucchevole sapore retrò… [leggi su Indie-Eye-Cinema]
Mercoledì 10
Macbeth, di Orson Welles. Con Dan O’Herlihy, Roddy McDowall, Orson Welles, Jeanette Nolan; usa 1948; 1h e 45 min; ore 20,40 – 22,40
Giovedì 11
Il terzo uomo, di Carol Reed. Con Orson Welles, Joseph Cotten, Alida Valli; G.B. 1949; 1h e 48 min.; ore 20,40 – 22,40
Venerdì 12
Lucy, di Luc Besson. Con Scarlett Johansson, Morgan Freeman; USA/Francia 2014; 1h e 30 min.; ore 20,40 – 22,40
Lucy è una studentessa che vive a Taiwan. Si trova costretta a consegnare una valigetta dal contenuto misterioso a un criminale coreano, Mr. Jang. Costui, una volta verificato ciò che gli è stato portato, sequestra la ragazza. Le fa inserire nel corpo uno dei pacchetti ricevuti che contiene una sostanza di cui dovrebbe essere la passiva trasportatrice. Non sarà così perché il pacchetto si rompe e il prodotto chimico viene assorbito dal suo corpo il quale progressivamente sviluppa una capacità di conoscenza e di potere inimmaginabili per chi non sia, come il professor Norman, un neuro ricercatore.
Che Luc Besson ami mettere al centro di molte sue opere personaggi femminili coinvolti in esperienze che ne mutano profondamente la vita è testimoniato dalla sua filmografia. Sappiamo quanto sono lontane tra loro, nel tempo e nell’azione, Nikita e la Aung San Suu Kyi di The Lady ma al contempo vicine per capacità di resistenza, di forza d’animo, di sguardo verso possibili mutamenti che i maschi faticano a sostenere. Lucy si aggiunge a loro in un film che si struttura come un puzzle narrativo e visivo di cui si può cogliere la reale sostanza solo se se ne sanno pazientemente ricomporre i pezzi e si rinuncia a ricorrere agli stereotipi valutativi, che da sempre vengono applicati al cinema di Besson, per guardare più in profondità. Perché l’assunto iniziale è legato alle neuro scienze e ci ricorda che il nostro cervello ha sviluppato solo una piccolissima parte delle sue potenzialità rispetto all’homo sapiens (non dimentichiamo che Lucy è il nome che è stato dato alla prima donna di cui l’antropoarcheologia abbia conoscenza). Cosa accadrebbe se si passasse progressivamente dalla potenza all’atto, se i neuroni attivi aumentassero percentualmente? È questa la domanda iniziale su cui si innesta l’azione di una supereroina suo malgrado (come tanti personaggi Marvel) che combatte contro il Male impersonato da un cattivissimo Choi Min Sik (molti lo ricorderanno in Oldboy e in Lady Vendetta). Qui ci si possono attendere le già citate facili banalizzazioni su un Besson incapace di resistere alla tentazione fumettistico-adrenalinica (vedi la corsa in auto nel centro di Parigi e non solo). Se si guarda però più nel profondo ci si può accorgere che il più americano dei registi francesi mentre sembra servire al grande pubblico un mix di SuperQuark e di Science fiction in realtà sta esponendo una sorta di trattato sul Tao. Chiunque abbia confidenza con i principi di questa filosofia potrà ritrovarli utilizzati a marcare le tappe del percorso della protagonista. “Vuota la tua mente di tutti i pensieri; lascia che il tuo cuore trovi la pace. Studia la complessità del mondo, ma contemplane il ritorno. Il ritorno alla sorgente è la serenità. Se non realizzi la fonte finirai con il confonderti e il dispiacerti. Quando comprenderai da dove provieni, diventerai naturalmente tollerante, comprensivo, multiforme”. Questo si legge nel Daodejing ed è quanto si scorge in controluce in Lucy. Besson, interpellato in materia, non conferma ma neanche smentisce. [mymovies]
Sabato 13
La buca, di Daniele Ciprì. Con Sergio Castellitto, Rocco Papaleo, Valeria Bruni Tedeschi; Italia 2014; 1h e 30 min.; ore 20,40 – 22,40
Un cane arruffato diventa inconsapevole pretesto dell’incontro di due umanità disordinate e precarie. Morso dall’animale, Oscar (Sergio Castellitto), avvocato burbero sempre alla ricerca di spunti truffaldini, vuole trarre profitto dall’incidente e fare causa al malcapitato proprietario, Armando (Rocco Papaleo). Quando però lo scaltro avvocato scopre che Armando è in realtà un povero disgraziato appena uscito di galera dopo aver ingiustamente scontato una pena di 30 anni, l’obiettivo cambia e la posta in gioco si alza: perché non intentare una causa milionaria ai danni dello Stato? Nel nome del riscatto, i due diventano detective alla ricerca di indizi e prove e nasce un’amicizia improbabile e divertente. Tra loro Carmen (Valeria Bruni Tedeschi), barista dall’animo sensibile con un passato insieme all’uno e un possibile futuro insieme all’altro…
Domenica 14
I due volti di gennaio, di Hossein Amini. Con Viggo Mortensen, Kirsten Dunst, Oscar Isaac; G.B./USA 2014; 1h e 36 min; ore 20,40 – 22,40
Elegante, come l’impeccabile completo di lino color crema di Viggo Mortensen che si staglia sulla calda pietra che ha cavalcato secoli del Partenone. I due volti di gennaio di Hossein Amini (dal 9 ottobre al cinema) è un thriller psicologico raffinato e felpato, che quasi seduce, senza però accalappiare mai totalmente.
Debutto alla regia dello sceneggiatore anglo-iraniano di Drive e Biancaneve e il cacciatore, pullula di elementi affascinanti, soprattutto esteriori, dalle location tra la Grecia e la Turchia alla moda anni ’60 alla fotografia caramellata del danese Marcel Zyskind che, usando lenti anamorfiche, avvicina il digitale alla pellicola creando immagini morbide e di stampo classico. Ma il triangolo di passioni e bugie che muove la narrazione ha momenti o troppo oscuri o piatti o quasi schizofrenici per conquistare con presa costante l’interesse dello spettatore e tenere col fiato sospeso. La suspense non sfiora la pelle e, soprattutto nella parte centrale, si fatica a giustificare le relazioni un po’ esangui che uniscono (o separano) i tre.
Nell’Atene del 1962, nell’epoca d’oro del turismo americano in giro per l’Europa, Chester (Mortensen) e la giovane moglie Colette (Kirsten Dunst) sono una coppia di statunitensi distinta e sorridente in visita al Partenone. Li nota Rydal (Oscar Isaac), statunitense da due anni in Grecia come guida turistica. È colpito dalla classe di lui e dalla bellezza di lei. Non può che avvicinarsi a loro, quasi cortese, quasi subdolo, e rimanere irrimediabilmente coinvolto dal fato che riscuote il conto sospeso di Chester. Inizia un’improbabile fuga a tre che coinvolge tre personaggi contraddittori e ambigui, nessuno del tutto cattivo, nessuno buono, fragili ma non deboli. [panorama]
Lunedì 15
Rosa Luxemburg, di Margarethe Von Trotta. Con Barbara Sukowa; Germania 1986; 2h e 2 min.; ore 20,30 – 22,45
Il titolo letteralmente significa La pazienza di Rosa ovvero Rosa Luxemburg, che dal carcere di Wronke, Germania, scrive le sue memorie di rivoluzionaria intellettuale, dall’infanzia trascorsa in Polonia fino ai fermenti sociali di fine ‘800 che precederanno la Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Racconta dell’esperienza del carcere zarista per la sua attività rivoluzionaria socialista accanto a Leo Jogiches col quale convive e dal quale poi si separa. Dedicatasi poi al giornalismo di sinistra, finisce in carcere anche a Berlino. Coinvolta nei moti rivoluzionari del 1918 viene assassinata dai militari al potere nel 1919. Suggestiva la ricostruzione dell’ambiente.
Martedì 16
Amore, cucina e curry, di Lasse Hallström. Con Helen Mirren, Om Puri; USA 2014; 2h e 2 min.; ore 20,35 – 22,45
In Francia, l’autorevole e rispettata chef Mallory è sempre più preoccupata per la vicinanza al suo ristorante di un piccolo bistrot indiano, un concorrente che potrebbe portarle via clienti. Iniziando una guerra contro gli indiani e il loro locale, Mallory scoprirà lo straordinario talento del giovanissimo Hassan. A poco a poco, i due diventeranno amici e Mallory lo guiderà nella conoscenza della raffinata cucina francese.
Mercoledì 17
Rapporto confidenziale, di Orson Welles. Con Michael Redgrave, Akim Tamiroff, Orson Welles; Usa 1955; 1h e 39 min.; ore 20,40 – 22,40
Film dalla storia tormentata come la vita e la carriera del regista. Girato in giro per l’Europa nel 1954, in modo frammentario e sofferto, a causa di un budget ridotto, Welles si accontenta di sceneggiatura, trucco, e costumi approssimati, ma esaspera le tendenze barocche e kafkiane, complica la trama fino a renderla incomprensibile, rendendo ancora più cupi i suoi temi del “potere negativo”, dell’ambiguità, dell’auto-distruzione, scardinando ancor più a fondo i modelli del poliziesco, del melodramma, del thriller.
Tratto dall’omonimo romanzo, scritto dallo stesso regista è forse il film meno amato da Welles; sosteneva che gli era stato sottratto e massacrato da un montaggio che considerava lontano anni luce da quello che lui aveva in testa; il titolo originale è Mr. Arkadin, ma è anche conosciuto con il titolo alternativo di Confidential Report.
Spesso paragonato a Quarto Potere, questo film è stato definito la versione europea di “Citizen Kane”; Arkadin, miliardario dall’aspetto e dai modi mefistofelici è anch’egli, come il Charles F. Kane di Quarto Potere, vittima di un’autoreclusione in un castello di sua proprietà. Trascorre le sue giornate in compagnia della figlia – interpretata da Paola Mori, la futura e reale moglie del regista – e degli invitati ai suoi party, passando di festa in festa ed allietando gli ospiti con aneddoti a sfondo predicatorio. Uno su tutti, la storiella dello scorpione e la rana quale metafora della natura del carattere che risulta impossibile da mutare anche se causa disastrose conseguenze.
Come in Quarto potere, la storia ruota attorno alla ricerca del passato di un uomo ma in realtà Mr. Arkadin è completamente diverso da Kane nel genere e nello spessore del personaggio. In Mr. Arkadin il carattere che subisce l’investigazione è anche quello che l’ha iniziata volontariamente – mentre Kane, era morto e il giornalista voleva sapere di più sulla sua vita, qui Arkadin partecipa attivamente all’indagine, seguendo Van Strattren, raccogliendo informazioni e confondendo le acque.
Giovedì 18
Otello, di Orson Welles. Con Fay Compton, Orson Welles, Suzanne Cloutier; usa 1952; 1h e 31 min.; ore 20,40 – 22,40
Durante il periodo delle Repubbliche Marinare, Otello, detto il moro di Venezia, viene inviato dal doge a difendere la roccaforte di Cipro dai musulmani, dopo il su matrimonio con la bella e nobile Desdemona. Avendo scelto Cassio come aiutante, Otello provoca invidia e gelosia nel perfido Jago, che comincia ad insinuare dubbi sulla fedeltà della moglie.
Con un artificio, il subdolo Jago crea l’incidente del fazzoletto di Desdemona. A questo punto l’ingenuo Otello gli crede e folle di gelosia… [leggi la recensione su storiadeifilm.it]
Venerdì 19
Wild, di Jean-Marc Vallée. Con Reese Witherspoon, Laura Dern; Usa 2014; 1h e 55 min.; ore 20,35 – 22,45
Nell’America degli anni ’90 una ragazza rimasta sola con il proprio fratello dopo la morte improvvisa della madre (dal padre si erano allontanati anni prima per eccesso di violenza) e la fine del proprio matrimonio, chiusa nella dipendenza dall’eroina decide di affrontare il Pacific Crest Trail a piedi, più di 1.600 Km in totale solitudine macinati in più di due mesi. In questo periodo ripensa a quello che le è successo e che è determinata a superare con un’impresa che pare superiore alle sue forze.
Tratto dal libro scritto dalla stessa protagonista “Wild – Una storia selvaggia di avventura e rinascita” e adattato da Nick Hornby per il grande schermo, il nuovo film di Jean-Marc Vallée non si distanzia molto dal precedente, Dallas Buyers Club, fondato com’è su un percorso di rinascita (che lì coincideva con uno di avvicinamento alla morte qui con uno di sopravvivenza naturale), sulla demolizione fisica e morale della protagonista e sulla sua ricostruzione a colpi di musica e paesaggi. [leggi la recensione su mymovies]
Sabato 20
La teoria del tutto, di James Marsh. Con Eddie Redmayne, Felicity Jones, Charlie Cox, Emily Watson; G.B. 2014; 2h e 3 min.; ore 20,30 – 22,45
“Nella sua grandezza il genio disdegna le strade battute e cerca regioni ancora inesplorate” e la mente del poco più che ventenne Stephen Hawking, come nelle parole di Lincoln, non si limitò ad avventurarsi in territori sconosciuti ma cercò di superare i limiti di quegli stessi territori verso più arditi e incredibili traguardi.
Nel 1963, giovanissimo cosmologo quale era, Hawking si dedicò alla ricerca, non solo di un’equazione, ma “della” equazione unificatrice che potesse spiegare la nascita dell’universo. Un talento fuori dal comune, accompagnato da uno studio convulso, non privo di abnegazione ma, nel contempo, anche in preda ad una sorta di disordinata follia, hanno portato all’espressione di geniali teorie come la “radiazione di Hawking” e la termodinamica dei buchi neri. La mente illuminata di Stephen, nonostante la scoperta della malattia degenerativa che lo porterà all’atrofia muscolare progressiva, reagirà con tanta forza da sconfiggere ogni previsione medica e andare ben oltre i due anni di vita che gli specialisti gli pronosticarono all’inizio del manifestarsi dei sintomi. [leggi la recensione su cultframe.com]
Domenica 21
Big eyes, di Tim Burton. Con Amy Adams, Christoph Waltz; USA 2014;1h e 46 min; ore 20,40 – 22,40
Quando carica la figlioletta sull’automobile e lascia il primo marito, Margaret Ulbrich è una giovane donna senza soldi, che dipinge per passione e per necessità quadretti semicaricaturali di bambini dagli occhi smodatamente grandi. Opere intrise di sentimentalismo e di un gusto kitsch, che raggiungeranno però un enorme e inaspettato successo quando a commercializzarle sarà Water Keane, secondo marito di Margaret e “wannabe artist” a tutti i costi. Spacciando i quadri della moglie per propri, per quasi un decennio, Walter costruisce un impero su un’enorme bugia, riuscendo ad abbindolare l’America intera. Finché Margaret non si ribella. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, dicono. Eppure sotto gli occhioni dei milioni di “figli” dei Keane, si cela una delle più grandi frodi dell’arte contemporanea.
In un’epoca, a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, in cui l’arte femminile non era presa in seria considerazione, il plagio che Walter opera ai danni della moglie si racconta come una storia d’amore della stessa epoca, di quelle che cominciano con la seduzione e finiscono per alzare la voce se lei fa resistenza. Ma il femminismo è alle porte e Margaret ne è a suo modo una pioniera. [leggi la recensione su mymovies]
Lunedì 22
Vergine giurata, di Laura Bispuri. Con Alba Rohrwacher; Italia/Albania 2015; 1h e 30 min.; ore 20,40 – 22,40
Il film racconta la storia di Hana, una bambina che cresce sulle montagne albanesi, dove vige una cultura arcaica, maschilista, basata sull’onore, che non riconosce alle donne alcuna libertà; padri, fratelli e mariti hanno su figlie, sorelle e mogli un vero e proprio potere di vita e di morte. Per sfuggire al suo destino Hana si appella proprio alla legge della sua terra, il Kanun: giura di rimanere vergine, prende il nome di Mark e si fa uomo, ottenendo così gli stessi diritti dei maschi, ma rinunciando alla sua femminilità e ad ogni forma di amore. Un rifiuto che diventerà la sua prigione. Ma qualcosa di vivo si agita sotto alle nuove vesti e questo sarà l’inizio di un viaggio a lungo rimandato.
Martedì 23
Belluscone – Una storia siciliana, di Franco Maresco; Italia 2014; 1h e 35 min.; ore 20,40 – 22,40
Franco Maresco, il regista palermitano di “Cinico Tv” e di alcuni straordinari film, da Lo zio di Brooklyn a Il ritorno di Cagliostro, dopo la separazione dal socio Daniele Ciprì, ha deciso di raccontare la storia d’amorose corrispondenze tra Silvio Berlusconi e la Sicilia. Un viaggio “in solitaria” tra costume e politica, musica di piazza e cultura mafiosa, finanza e televisioni private.
Maresco non ha in mente un film di denuncia, né a tesi. Non sarebbe nelle sue corde. Ha in mente un’inchiesta sui generis che vuole andare alle radici di un fenomeno culturale e di costume apparentemente solo siciliano, in verità intimamente italiano. Un progetto difficile, insomma, che si allunga nel tempo: le riprese iniziano quando Berlusconi è al potere ed arrivano (senza finire) sulle code della sua parabola politica, sconfinando nella tanto veloce quanto sospetta “rimozione collettiva nazionale”. Ma le riprese non trovano fine, né pace. Maresco è solo nella sua impresa e deve lottare con difficoltà di ogni tipo: logistiche, finanziarie, produttive e tecniche, quest’ultime testimoniate nella sublime debacle sonora incorsa durante l’intervista a Dell’Utri, quando il microfono si guasta proprio sul più bello, lasciando la confessione del senatore di Forza Italia inascoltata. Maresco già incline alla depressione non regge più. A suo modo, un misto di orgoglio aggressivo e infinita stanchezza, chiede aiuto, lancia appelli. Lo fa dal suo eremo solitario, dal buco nero dentro cui si è ficcato per seguire l’idea di un cinema più anarchico che libero, più coraggioso che imprudente, più lucido che profetico, più destabilizzante che provocatorio… un cinema sempre più solitario. [leggi la recensione su mymovies]
Mercoledì 24
L’infernale Quinlan, di Orson Welles. Con Janet Leigh, Charlton Heston, Marlene Dietrich, Orson Welles; Usa 1958; 1h e 33 min.; ore 20,40 – 22,40
L’infernale Quinlan (Touch of Evil) è un film del 1958 scritto, diretto e interpretato da Orson Welles, liberamente tratto dal romanzo Badge of Evil di Whit Masterson (edito in Italia nel numero 417 della collana Il Giallo Mondadori con il titolo Contro tutti).
Nel 1993 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Una carica di dinamite uccide due persone in prossimità di un posto di frontiera proprio mentre sta passando di là un poliziotto messicano. Questi si interessa al caso e scopre così che il capitano Hank Quinlan, incaricato ufficialmente dell’inchiesta, produce prove false a carico di un sospettato. Proseguendo nelle sue ricerche, il poliziotto scopre che Quinlan è abituato da anni ad incastrare gli accusati con quel sistema, fabbricando prove false. Resosi conto di quanto sta accadendo, prova a smascherare il suo superiore ma ottiene solo di scatenare la sua violenta reazione.
Giovedì 25
Falstaff, di Orson Welles; con Jeanne Moreau, Marina Vlady, Orson Welles; Spagna 1966; 2h; ore 20,30 – 22,45
Falstaff, stravagante figura di gaudente avventuriero, è amico del principe di Galles e quando questi diventa re con il nome di Enrico V è convinto d’aver risolto il suo futuro. Ma gli impegni regali costringono il giovane sovrano a rinnegare le antiche e poco dignitose amicizie e il grasso Falstaff muore solo e disperato. [wikipedia]
Venerdì 26
Io sto con la sposa, di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry; Italia/Palestina 2014; 1h e 30 min.; ore 20,40 – 22,40
Per andare in scena si comincia sempre dal costume, l’abito creato apposta per gli attori e indossato durante la rappresentazione. Ma quello che il documentario di Gabriele Del Grande, Antonio Augugliaro e Khaled Soliman al Nassi racconta è la realtà di uomini e donne che hanno interpretato un ruolo e infilato un costume per beffare il destino e garantire un futuro a chi amano.
Documentario nomade finanziato ‘dal basso’, Io sto con la sposa mette letteralmente in schermo un matrimonio e il suo corteo di invitati mai così partecipi. Perché i cinque protagonisti di questa avventura sono in fuga dalla guerra e dal loro Paese fiaccato dalla belligeranza. Palestinesi e siriani sopravvissuti ai marosi, sbarcati a Lampedusa e decisi a raggiungere ‘creativamente’ la Svezia. Ad aiutarli un regista, un giornalista e un poeta sirano-palestinese convinti che nella vita prima o poi bisogna scegliere da che parte stare. Schierati da quella del sogno, disattendono le leggi del Vecchio Continente e arrivano in meta… [continua a leggere su mymovies]
Sabato 27
Suite francese, di Saul Dibb. Con Michelle Williams, Kristin Scott Thomas, Matthias Schoenaerts; G.B./Francia 2014; 1h e 47 min.; ore 20,40 – 22,45
Dal celebrato romanzo di Irène Némirovsky, SUITE FRANCESE, è il racconto dell’amore bruciante di un uomo e una donna travolti dalla Storia. Ambientato in Francia nel 1940, il film narra della bellissima Lucile Angellier (Michelle Williams) che nell’attesa di ricevere notizie del marito prigioniero di guerra, vive un’esistenza soffocante insieme alla suocera, donna dispotica e meschina (Kristin Scott Thomas). La vita di Lucile viene stravolta quando i parigini in fuga si rifugiano nella cittadina dove vive e la città viene invasa dai soldati tedeschi che occupano le loro case. Inizialmente Lucile ignora la presenza di Bruno (Matthias Schoenaerts) un raffinato ufficiale tedesco che è stato dislocato nella loro abitazione. Ma dopo l’iniziale indifferenza, Lucile “si risveglia” e inizia a esplorare sentimenti sepolti che la porteranno inevitabilmente verso Bruno…
Domenica 28
L’amore bugiardo – Gone girl, di David Fincher. Con Ben Affleck, Rosamund Pike; USA 2014; 2h e 25 min.; Spettacolo unico ore 21,00
Amy e Nick sono sposati da cinque anni. Belli, colti e ammirati, hanno lasciato New York per la provincia, dove la loro relazione languisce e l’ostilità cresce. Dietro di loro la crisi economica che ha messo in ginocchio l’America e interrotto le loro carriere, davanti a loro nuvole nere che minacciano tempesta e guai, grossi guai. Licenziati dalle rispettive redazioni e dalle rispettive ambizioni, Amy e Nick provano a ricostruirsi una vita nel Missouri. Casalinga annoiata e paranoica lei, proprietario di un bar che chiama The Bar lui, la coppia scoppia il giorno del loro quinto anniversario. Amy scompare senza lasciare tracce, se non il suo sangue versato e ripulito in cucina, un tavolo rovesciato in salotto, un diario che non tarderà a essere ritrovato e un marito apatico che fatica a realizzare la sua condizione. Perché i vicini, i media, la polizia e tutti quelli che lo stanno a guardare sono davvero convinti che sia stato lui ad uccidere Amy… [continua a leggere su mymovies]
Lunedì 29
Difret – Il coraggio di cambiare, di Zeresenay Berhane Mehari. Con Meron Getnet; Usa/Etiopia 2014; 1h e 36 min.; ore 20,40 – 22,40
A sole tre ore da Addis Abeba, Hirut, una sveglia ragazzina di 14 anni, mentre sta tornando a casa da scuola viene aggredita e rapita da un gruppo di uomini a cavallo. Hirut riesce ad afferrare un fucile e, nel tentativo di fuggire, spara uccidendo Tadele, ideatore del rapimento nonché suo “aspirante futuro sposo”. Nel villaggio di Hirut e Tadele, cosi come nel resto dell’Etiopia, la pratica del rapimento a scopo di matrimonio, è una delle tradizioni più antiche e radicate, e la ribellione di Hirut, che uccide l’uomo che l’ha scelta, non le lascia possibilità di scampo. Nel frattempo, ad Addis Abeba, una giovane donna avvocato, Meaza Ashenafi , si batte con tenacia e determinazione per difendere i diritti dei più deboli; tramite l’attività di ANDENET, un’associazione di donne avvocato, offre assistenza legale gratuita a coloro che non se la possono permettere. Obiettivo di Meaza è far rispettare la legge ufficiale del Paese, rendendo così inefficaci le decisioni prese, secondo consuetudine, dai consigli tradizionali popolari. Meaza viene a conoscenza dell’arresto di Hirut e cerca di farsi affidare il caso per dimostrare che la ragazzina ha agito per legittima difesa e proteggerla quindi dalla vendetta dei familiari del defunto e dal carcere a vita imposto dalla legge. Pur di salvarla, Meaza è disposta a correre il rischio di vedere vanificati i risultati ottenuti fino a quel momento dall’Associazione, e a mettere in gioco il suo stesso futuro.
Martedì 30
Storie pazzesche, di Damián Szifron. Con Ricardo Darín, Oscar Martínez; Argentina 2014; 2h e 2 min.; ore 20,35 – 22,50
Vulnerabili a una realtà disturbata e imprevedibile, i personaggi di Relatos salvajes attraversano la frontiera che separa la civiltà dalla barbarie. Un tradimento romantico, il ritorno del passato, una tragedia o anche la violenza di un dettaglio di detonatori giornalieri spingono questi personaggi nella vertigine che fornisce la sensazione di perdere le staffe, al piacere innegabile di perdere il controllo.
Arena Argentina è una sala del Cinestudio Catania.