In occasione del tour che sta portando i Dimartino a suonare in vari centri siciliani (ricordiamo che giorno 12 agosto apriranno, special guest di Mario Venuti, il festival Not.fest a Noto), abbiamo deciso di scoprire meglio questa band che si sta imponendo sulla scena della musica indipendente in Italia.
Antonio Dimartino è la mente e l’anima della band che prende il suo nome, cantautore di Palermo, classe ’82. Potrebbe sembrare un cantante solista, ma come spiega lo stesso Dimartino, il nome rappresenta sicuramente se stesso ma anche qualcosa in più di se. Lui scrive, ma è il lavoro di gruppo a dar l’impronta alle sue canzoni. Gli altri due componenti sono Giusto Correnti e Angelo Trabace.
I Dimartino sono sicuramente tra le novità più positive della scena indipendente degli ultimi anni.
Il 2011 esce il primo album, “Cara maestra abbiamo perso“, prodotto da Pippola Music e coprodotto da Cesare Basile. Le sonorità ricalcano gli anni 70-80 e forte si sente l’influenza di Rino Gaetano, le parole scorrono veloci e la musica è ancora graffiante, figlia sicuramente delle influenze dell’ex gruppo del Dimartino, i Famelika.
Il 2012 tornano in scena con un nuovo album “Sarebbe bello non lasciarsi mai ma abbandonarsi ogni tanto è utile“, vediamo una prima maturazione della band, i suoni si fanno più melodiosi e anche la voce del Dimartino si fa meno graffiante e più armoniosa, sulla scia del cantautorato. Meno Rino Gaetano, più Luigi Tenco. Il piano di Simona Norato ha sostituito in alcuni brani la chitarra elettrica.
L’ultima opera è del 2013, i Dimartino hanno stupito tutti facendo uscire un Ep con”Non vengo più mamma“, è un viaggio lungo sei canzoni accompagnato dalla rappresentazione grafica Igor Scalisi Palminteri, che ha creato un fumetto con i testi di Antonio Dimartino. Un’opera che si distacca dalle precedenti, le vecchie sonorità si mescolano a nuove sperimentazioni musicali che li portano vicino all’elettronica. Da un punto di vista tematico, la morte, nella versione del suicidio, diventa fulcro di questo percorso, a conclusione di un percorso iniziato con i precedenti lavori, dove venivano cantate le crisi generazionali e l’angoscia dello scorrere del tempo.
Con quest’album è come se chiudesse un cerchio, pone fine a quella generazione . Ma se analizziamo come viene dipinta la morte in questo quadro, non vediamo nulla di negativo. Il suicidio, come viene cantato nell’Ep, non è uno strumento di liberazione dalle sofferenze terrene, dalle angosce. La morte viene vista con curiosità, con scoperta. La morte come rinascita. E forse possiamo leggere l’intera opera da parte dei Dimartino come la fine di un modo di vedere le cose, di cantarle e raccontarle, una conclusione che porta alla scoperta di sonorità diverse. L’alba di un nuovo inizio.
Immagina di non avere un corpo e di non fare le
cose che siamo abituati a fare: la spesa, prendere
l’autobus, commuoversi per un film.
L’anima sopravviverebbe lo stesso?
Video dell’esibizione con Mario Venuti il 5 agosto 2013 a Zafferana Etnea